La nascita dell'aeroplano
Quando nacque l'aeroplano?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo risalire agli inizi del XIX secolo in
Inghilterra, dove George Cayley trovò le prime vere soluzioni al problema del
volo del più pesante dell'aria (questo è il termine con cui viene indicato
l'aeroplano, in contrapposizione con il più leggero dell'aria, ossia il
pallone). Partendo dagli studi di Cayley, altri due inglesi, Henson e
Stringfellow verso la metà dell'Ottocento realizzarono alcuni modelli volanti.
La stessa strada venne seguita da altri appassionati in
tutta Europa, ma fu la Francia a segnalarsi per il maggior numero di progetti
di macchine volanti di ogni tipo e forma e fu perciò d’oltralpe che le novità
in campo aeronautico arrivarono a Milano, spesso filtrate attraverso libri e
periodici pubblicati a Parigi; ma non mancarono anche i contributi originali
locali, come quelli di Forlanini, con il suo modello di elicottero (1877) e
vari modelli di aereo, azionati anche da piccoli razzi.
In quelli stessi anni, fuori d’Italia, il tedesco Otto Lilienthal
stava dando un fondamentale impulso alla soluzione dei principali problemi
legati al volo del più pesante dell’aria. Dopo aver riunito i suoi studi nel
libro “Il volo degli uccelli come base per l'arte del volo” pubblicato nel
1889, dal 1891 al 1896 effettuò circa 2000 voli con vari tipi di alianti
libratori, ossia aerei senza motore, che furono progettati, realizzati e
modificati per risolvere i problemi della stabilità e della conseguente
condotta del mezzo. E’ questa la strada che verrà seguita anche da altri
pionieri, in particolare gli americani Octave Chanute e i fratelli Wright.
Questi ultimi infatti, prima dello storico volo a motore del dicembre 1903,
effettuarono una lunga serie di voli sperimentali su alianti libratori,
studiando poi l'applicazione di un motore a scoppio. La notizia dell’impresa
dei fratelli Wright ebbe inizialmente una diffusione molto limitata negli Stati
Uniti e ancor meno in Europa. I nostri giornali non ne parlarono affatto e qualche
particolare giunse solo più tardi dalla Francia. Nei circoli scientifici c'era
comunque molta incredulità, che sarebbe caduta solo dopo la venuta di Wilbur
Wright in Europa nel 1908.
Intanto dalla vicina Francia, giungevano notizie di
progressi continui. Nel novembre 1906 Alberto Santos Dumont, brasiliano
residente a Parigi, percorse 220 metri in 21 secondi a bordo di un aereo in
legno di pino e di bambù, ricoperto con tela di cotone.
La mancanza di un motore abbastanza leggero e nello stesso
tempo potente aveva a lungo rallentato la nascita dell'aeroplano, ma il motore
a scoppio, che si era ben presto rivelato nettamente superiore ai motori a
vapore o elettrici, con i suoi successi in campo automobilistico, aveva
indicato agli appassionati d'aviazione la via da seguire. A Parigi era emigrato
dall’Italia un abile meccanico che si era presto fatto strada nell'ambiente
motoristico sportivo della grande metropoli: Alessandro Anzani, nato a Gorla,
sobborgo di Milano. Egli era riuscito a mettere a punto propulsori semplici e
leggeri, e nel contempo affidabili. I costruttori d'aeroplani avevano per
questo cominciato a rivolgersi a lui e il 25 luglio 1909, quando Louis Blériot
atterrò presso Dover dopo aver effettuato la prima traversata aerea della
Manica, fu chiaro che il successo dell'impresa era merito anche del meccanico
milanese e del suo motore tre cilindri, da 25 cavalli.
Quei temerari sulle macchine
volanti
Riportando ora l’attenzione sulle vicende che riguardano
l’aviazione lombarda, ed in particolare sulla sua nascita, e prima ancora sulla
sua lunga gestazione bisogna ritornare alla Grande Esposizione Internazionale
dei Trasporti e delle Belle Arti, del 1906, dove fu allestito, oltre al settore
dedicato all’aerostatica anche una galleria dell’aeronautica: ci sembra un
segno che l’idea che il volo potesse diventare un nuovo modo di viaggiare fosse
già presente nella mente di alcuni milanesi, come quelli che un paio d’anni
dopo, riuniti in comitato (c’erano nomi prestigiosi quali Salmoiraghi, Crespi,
Sormani, Visconti di Modrone, Colombo…) decisero di invitare a Milano uno dei
personaggi che si stavano segnalando all’attenzione mondiale con le loro
imprese aviatorie: la scelta cadde sul nome di Leon Delagrange, scultore
convertito alla nuova arte del volo. Per il pilota francese fu predisposta
un’area tra il Castello Sforzesco e l’attuale Piazza VI Febbraio (allora ancora
libera perché parte della Piazza d’Armi), ed i milanesi furono invitati da
manifesti colorati a pagare il biglietto per assistere alla
dimostrazione di volo. Malgrado l’affluenza di una immensa folla i risultati
iniziali, come riportò la stampa locale, furono deludenti.
“...l’aeroplano corse sul prato, ma non si sollevò. Si attribuì la
situazione ad una non perfetta inclinazione del motore e conseguentemente
dell’elica; si provvide in questo senso, ma le nuove prove non diedero
risultati migliori. Si pensò che il risultato negativo fosse stato causato da
qualche dissestamento nei piani dell’apparecchio e si effettuarono alcune
modifiche”.
Finalmente il 23 giugno del 1908 Delagrange riuscì a
decollare e ad effettuare vari giri del campo; non riuscì però ad aggiudicarsi
il premio “del quarto d’ora di volo” stabilito dal sindaco di Milano, perché
avendo sfiorato il terreno, gli fu calcolato un tempo di 11’ e 15” [1].
L’anno dopo, dall’8 al 20 settembre 1909 si svolse sulla
piana di Montichiari il “Circuito Aereo di Brescia”, prima grande
manifestazione aviatoria italiana, simile a quella tenutasi il giugno dello stesso anno a
Reims, in Francia. Si iscrissero alla manifestazione aviatoria sette
piloti italiani, quattro francesi, e un americano, Glenn Curtiss. Mario Calderara, primo pilota brevettato in Italia, fece provare l’ebbrezza del volo al poeta G. D’Annunzio che da quel
giorno fu un convinto sostenitore dell’aviazione. Il Circuito Aereo di Brescia
diede ulteriore impulso a manifestazioni aeronautiche in tutte le più
importanti città d’Italia. Nel novembre 1909 venne organizzata dalla Gazzetta
dello Sport, nei saloni dell’Hotel Corso di Milano, la prima “Esposizione
d’Aviazione Italiana”. Oltre a una riproduzione del biplano Voisin (su
cui aveva volato Delagrange) costruito su licenza dalle officine bresciane AVIS
(Aeroplans Voisin Italie Settentrionnelle),
vennero esposte le novità dei progettisti e costruttori lombardi (nomi ormai
dimenticati) quali il biplano di Radici, il monoplano di Frumetti direttore
della FIAM (Fabbrica Italiana. Aeroplani Milano), il biplano di Bossi.
Sull’onda dell’entusiasmo creatosi dopo il circuito di
Brescia, esponenti del mondo finanziario e industriale costituirono a Milano la
“Società Italiana di Aviazione” allo scopo di promuovere iniziative idonee a
sviluppare la nascente attività, e nel settembre 1910 fu organizzata una grande
manifestazione denominata “Circuito Aereo Internazionale di Milano”. Fra gli ideatori e organizzatori della manifestazione ci fu anche il prof.
Giuseppe Colombo, che era un attivo membro del Touring Club
Italiano.
Nei circa due anni intercorsi fra l’impresa di Delagrange e
questo evento, l’attività di volo a Milano venne praticata nell’area della
nuova piazza d’armi, a Baggio, dove il Ministero della Guerra aveva allestito
un aeroscalo per dirigibili, utilizzato anche da Enrico Forlanini, ma l’occasione della nuova manifestazione aviatoria milanese, indusse gli
organizzatori e gli organi competenti ad allestire un nuovo aerodromo alla periferia sud-est di Milano, nella zona
della cascina Taliedo, completo delle più moderne
strutture aeroportuali.
La manifestazione era dotata di ricchi premi in denaro e, per aumentare il richiamo per il pubblico, al “Circuito Aviatorio” venne
abbinata una ulteriore audacissima prova di volo: la “Traversata delle Alpi”,
che il 25 settembre costò la vita all’aviatore peruviano Geo Chavez,
precipitato in atterraggio vicino a Domodossola dopo essere incappato
in un temporale quasi al termine della sua impresa. Anche al circuito non
mancarono gli incidenti come lo scontro in volo avvenuto fra i due aviatori
Thomas e Dickson che, pur gravemente feriti, sopravvissero.
Il Circuito Aereo di Taliedo ebbe una enorme risonanza nella
stampa del tempo per quel misto di avvenimento mondano, sportivo e tecnico che
lo caratterizzò.
Una cronaca giornalistica di quei giorni (firmata da Lady de
Bythe per "La Cronaca d’Oro", rivista illustrata dell’alta società) ce ne
da una significativa testimonianza:
“Sotto
un cielo perennemente azzurro, in cospetto di una folla sempre varia e
supremamente elegante, baciati da un sole che non ha cessato di sfolgorare un
solo giorno – anche nel giorno di lutto e di dolore – si sono librati nell’aria
per una settimana, chimere del sogno e fantasmi della realtà, gli aeroplani
nelle loro tipiche forme. Nell’aria, quasi sempre calma, hanno volteggiato
mirabilmente i Bleriot, gli Antoinettes, i Voisins, i Farmans, i Sommers,
destramente pilotati da quegli audaci che, nell’ebbrezza del volo mettono
quotidianamente a repentaglio la loro vita.
Le gare egregiamente organizzate da un Comitato…sono riuscite
a richiamare l’attenzione della folla convenuta entro e fuori l’Aerodromo di
Taliedo…hanno messo nella sua anima un fremito nuovo che l’ha agitata e qualche
volta commossa…
Nelle tribune, portate da superbi equipaggi, da
automobili di ogni marca e di tutte le capacità, si succedettero le più
cospicue signore della nostra alta società venute da ogni dove…Tutta la fine
fleur di Milano, di Genova, di Venezia, di Firenze, di Roma, di Palermo, di
Torino, di Mantova, di Piacenza, persino di Parigi, di Londra, di Nizza, di
Berlino, era rappresentata all’Aerodromo di Taliedo. Nella gaia folla femminile
passò rapido in un pomeriggio S.M. il Re…”
Ma intanto, oltre che nelle gare di Taliedo, la storia
dell’aviazione lombarda si andava formando in quelle località destinate a
rimanere negli anni come punti di riferimento per le vicende aeronautiche, e
che presto sarebbero diventate sede di nuove industrie: Cascina Malpensa, alle porte di Gallarate, inizialmente sede di
una scuola di aviazione e poco dopo di una delle prime industrie aeronautiche,
che ebbe nell’ingegner Gianni Caproni, trentino d'origine, il suo pioniere;
Cascina Costa (attuale sede della industria elecotteristica AGUSTA), dove nel
1912 si insediò la ditta Coli per la costruzione di apparecchi scuola e nel
1915 la ditta Savoia di Lorenzo Santoni per la produzione su licenza francese
di aeroplani Farman, ed anche le acque dei laghi, dopo che un’altra importante
gara, il Circuito dei Laghi Italiani del 1913, diede impulso agli aeroplani
idrovolanti.