Alle origini della
ferrovia
di Gian Luca Lapini
Il trasporto su rotaia con
macchine a vapore conobbe le sue fortune a partire dai primi decenni
dell’800, ma l’idea di far correre dei carrelli o dei carri su delle
guide o rotaie è assai più vecchia, e trova le sue origini nelle
attività minerarie. Le più antiche testimonianze sull’uso di rotaie
di legno e carrelli con ruote bordate per il trasporto del minerale
nelle miniere di ferro della Slovacchia, risalgono al XV secolo.
Circa un secolo più tardi comparvero carrelli con le ruote di ferro
munite di bordino (citati anche nel famoso testo cinquecentesco di
tecnica mineraria De Re Metallica, del tedesco Agricola),
mentre le rotaie erano ancora di legno: probabilmente il ferro era
ancora troppo costoso per consentirne un uso esteso come quello
necessario per stendere delle rotaie. Naturalmente i carrelli da
miniera erano spinti a mano o tirati da animali, ma facendoli
correre su dei binari, invece che sul terreno, il risparmio di
fatica era notevole; inoltre le rotaie costituivano una traccia
sicura, e offrivano perciò un vantaggio evidente nel condurre
veicoli lungo le anguste gallerie delle miniere.
In Inghilterra, alla quale principalmente
accenneremo in quanto sarebbe diventata la patria delle ferrovie, il
primo esempio noto di trasporto su binari risale agli inizi del
‘600, quando un certo Huntingdon Beaumont realizzò vicino a
Nottingham un linea su binari lunga 2 miglia, per trasportare
carbone da una locale miniera. L’uso dei binari di ferro cominciò ad
essere introdotto nel ‘700, e durante questo secolo, con il notevole
espandersi delle attività minerarie, in Inghilterra furono costruiti
più di 2000 Km di vie su binari, chiamate wagonways, per le
quali furono realizzati, ponti, viadotti, terrapieni, ecc.: una
delle prime di queste opere fu un viadotto per la Ravensworth
Wagonway, nella contea di Durham, che è tuttora in piedi.
Nel 1803 il Parlamento inglese autorizzò la
costruzione della prima via ferrata per il trasporto pubblico di
merci (non solo dedicata quindi ad attività minerarie), la Surrey
Iron Railway, che era comunque sempre a trazione animale. In
sostanza, quindi benché siamo abituati ad associare il termine
ferrovia al treno (od ai tram), inizialmente esso indicava una
strada ferrata sulla quale potevano correre veicoli che non erano
semoventi, ma trainati con le tecniche ed i mezzi in uso da sempre
per i trasporti stradali.
Nello stesso anno
Richard Trevithick (1771-1833), nativo della Cornovaglia, e
grande esperto nella costruzione di motori a vapore, realizzò una
prima locomotiva a vapore (che non è certo però, se abbia mai
funzionato), e l’anno successivo, 1804, una seconda macchina
da lui costruita, fu la prima a trainare un carico di ferro e 70
persone, da uno stabilimento siderurgico nel Galles meridionale.
Sempre nel Galles, nel 1807 entrò in servizio la prima ferrovia per
il trasporto di passeggeri, ma la trazione era ancora a cavalli.
Trevithick continuò nel frattempo a perfezionare
le sue macchine (che usavano vapore a pressione più alta, rispetto
ai valori usati nelle macchina a vapore stazionarie di quel tempo) e
nel 1808 presentò la sua nuova locomotiva, battezzata Catch Me
Who Can (mi prenda chi può), ai membri dell’alta società
londinese, che si divertirono per un po’ a farsi trasportare su di
un breve percorso circolare allestito a Bloomsbury. Ma si trattava
ancora di poco più di un giocattolo. I tempi non erano ancora maturi
per sviluppi di più ampio respiro e la macchina non ebbe successo,
tanto che Thevithick lasciò l’Inghilterra[1].
Anche altri lavoravano, intanto, ad idee e
macchine di vario tipo, alla ricerca di soluzioni tecniche più
valide e più funzionali: fu così, per esempio, che qualche anno più
tardi, nel 1812, Metthew Murray mise per primo in servizio
commerciale una locomotiva a vapore a pinione e cremagliera sulla
ferrovia di Middleton, a Leeds (un tipo di macchina che avrebbe in
seguito trovato utilizzo su linee a forte pendenza). Altre
innovazioni che comparvero in quegli anni furono le caldaie
multitubulari, introdotte dal francese Marc Seguin, e l’impiego del
vapore di scarico per attivare il tiraggio del fumaiolo, e favorire
quindi la migliore combustione del carbone, inventato da Timothy
Hackworth.
La ferrovia di Middleton fu
visitata fra i tanti anche da un meccanico che lavorava nella
miniera di carbone di Killingworth, vicino a Newcastle, George
Stephenson, che ne fu impressionato, e cominciò anch’egli a
progettare e costruire macchine simili: la sua prima locomotiva,
chiamata Blucher, iniziò a correre sui binari, presso la sua
miniera, nel 1814. Stephenson si costruì in pochi anni una buona
fama di esperto di locomotive, e fu assunto come tecnico dalla
ferrovia Stockton&Darlington, fondata nel 1821 per il trasporto
di merci su rotaia. Su questa linea, il 27 settembre del
1825, lo stesso Stephenson guidò una locomotiva a vapore,
costruita in collaborazione con suo figlio Robert, trainando un
convoglio ferroviario con a bordo qualche centinaio di passeggeri,
per la maggior parte sistemati in modo precario nei carri aperti
normalmente usati per le merci (solo uno dei vagoni, chiamato
Experiment, era stato espressamente adattato per portare dei
passeggeri). Anche la velocità massima raggiunta dal convoglio fu
molto modesta (24 Km/h), ma quest’evento, anche se fu in realtà solo
una dimostrazione, senza ancora diventare un regolare servizio,
viene ugualmente considerato la data di nascita del trasporto
ferroviario.
Nel giro di pochi anni i tempi divennero maturi
per la realizzazione della prima linea ferroviaria di collegamento
fra due città importanti, Liverpool e Manchester, che distano fra
loro circa 48 km. Poiché i costruttori di locomotive a vapore erano
diventati numerosi, i promotori dell’iniziativa lanciarono un vero e
proprio concorso per la scelta della migliore locomotiva; e la
competizione divenne spettacolo in quanto alle prove di velocità, su
un percorso di 4 Km, presso la località di Rainhill, assistettero
migliaia di curiosi. Tra i cinque partecipanti prevalse la
locomotiva Rocket (razzo) degli Stephenson, che ebbero così
una commessa per la costruzione di otto macchine, che iniziarono il
regolare servizio su questa linea nel settembre del 1830.
La “mania” per la costruzione delle ferrovie
travolse rapidamente l’Inghilterra e da lì si diffuse abbastanza
rapidamente in tutta Europa. In Inghilterra fra il 1830 ed il 1850
furono costruiti quasi 10.000 Km di strade ferrate; in alcuni casi
la costruzione e gestione delle ferrovie divenne la base per la
costruzione di grosse fortune personali, come quella di George
Hudson, noto come il ”Re delle Ferrovie”, che nel 1848 controllava
circa il 30% delle ferrovie inglesi.
La gente cominciò a viaggiare, non solo per
commerci ed affari, ma anche per piacere e divertimento, anche se
all’inizio i treni non erano certamente eccezionali, quanto a
comodità e sicurezza. La sicurezza fece comunque buoni progressi con
l’introduzione di segnalazioni e telegrafi, e inoltre, dopo un
iniziale periodo di anarchia, anche il potere politico cominciò ad
occuparsi della materia, emettendo dopo il 1840 numerose leggi e
regolamenti.
Per quanto riguarda la costruzione dei tracciati
ferroviari, in Inghilterra si fece tesoro di tutta l’esperienza
accumulata nella costruzione dei canali[2],
costruendo, in maniera similare a quanto era stato fatto per
realizzare le vie d’acqua, trincee, gallerie, viadotti, ecc. in modo
da realizzare percorsi regolari e con modeste pendenze. In questo
campo gli inglesi furono maestri per molti anni, e i loro ingegneri
più famosi, Stephenson, Isambard Kingdom Brunel, ecc. dopo aver
fatto esperienza in patria, furono chiamati come costruttori o
consulenti in tutta Europa.
Inizialmente la posa dei binari avveniva su
blocchi di pietra, ma poi si affermò rapidamente la costruzione dei
tracciati con binari fissati a traversine di legno. Lo scartamento
delle linee (cioè la distanza fra i binari) agli inizi era scelto
secondo la fantasia dei costruttori, ma in breve molti seguirono
l’esempio degli Stephenson usando lo scartamento di 1423 mm: in
Inghilterra già nel 1844 questa misura era diventata lo
standard.
Per diversi decenni i binari furono realizzati in
ferro; essi venivano giuntati tra di loro con delle piastre a
ganascia che minimizzavano le disuniformità fra un tratto di rotaia
e l’altro. Dopo il 1850, con l’introduzione del processo Bessemer,
che consentì un notevole passo in avanti nella produzione
siderurgica, si passò dal ferro all’acciaio, e le rotaie
cominciarono ad essere più pesanti, per seguire la tendenza del
materiale rotabile a crescere di peso e ad aumentare la velocità .
Per quanto riguarda l’Italia, verso la fine degli
anni ’20 del XIX secolo, erano in molti, colpiti dalla nuova
meraviglia tecnologica inglese, a pensare di costruire anche da noi
delle ferrovie. Ma si dovette arrivare verso la fine degli anni ’30
perché le prime iniziative si concretizzassero. Come abbiamo notato
per il gas illuminante (vedi pagina), anche in questo caso fu lo
”arretrato” Regno delle Due Sicilie a bruciare per primo le tappe,
così che il 3 ottobre 1839
Ferdinando Il di Borbone inaugurava a Napoli la prima "strada di
ferro” costruita sul territorio italiano, che univa la città
partenopea a Granatello di Portici. Un tratto breve, una
realizzazione fatta più che altro per lo svago del sovrano (che a
Portici aveva una residenza), ma in ogni caso l’avvio anche in
Italia di una vera e propria rivoluzione nei trasporti.
[1]
Thevithick emigrò in Costa Rica, dove fece una discreta fortuna
installando macchine a vapore stazionarie nelle miniere. Ma la sua
sorte ebbe un tracollo nel 1820, durante una delle tante
rivoluzioni. Ritornato in patria, e ridotto in miseria, morì di
influenza nel 1833.
[2]
In Inghilterra, pochi decenni prima dell’avvento delle ferrovia, si
era verificato un grande fermento costruttivo, passato alla storia
come canal age , che aveva portato alla realizzazione di una
complessa rete di canali navigabili, sui quali avevano viaggiato le
grandi quantità di merci messe in moto dalla prima rivoluzione
industriale. Il debito tecnologico delle ferrovie con la costruzione
dei canali è attestato dal fatto che gli operai sterratori che
costruivano i tracciati ferroviari erano chiamati navvies (da
navigatore), come quelli che avevano costruito i canali.
Ultima modifica: lunedì
16 maggio 2005
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