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Milano al telefono

di Gian Luca Lapini

 

Fra le tante comodità del vivere moderno, le tele-comunicazioni sono quelle che negli ultimi 10-15 anni hanno compiuto i progressi più impressionanti. Certo, la grande e rapidissima diffusione dei telefoni cellulari è avvenuta quando ci eravamo da tempo abituati ad una capillare presenza dei telefoni nella vita di tutti i giorni, grazie a un sistema di telefonia fissa molto complesso ed articolato, che si era formato e consolidato nel corso di circa un secolo. L’entusiasmo con cui i telefoni cellulari sono stati accettati, e grazie al quale si sono diffusi, può far sorgere la curiosità di sapere se l’introduzione dei telefoni fissi sia stata altrettanto travolgente; questa domanda ci riporta alle origini della storia del telefono, ed in particolare a quello che accadde a Milano, a partire dai due decenni di fine ’800 che furono così pieni di fermenti e trasformazioni in tutti gli aspetti tecnici del vivere moderno.

New York invasa dai fili del telefono (fine ‘800)

Diversi storici della materia sono concordi nel sottolineare, che a differenza dell’America, da cui il telefono proviene, e nella quale ebbe una rapida diffusione, i suoi inizi in Europa non furono ovunque entusiasmanti. Agli occhi del Vecchio Continente questo nuovo congegno appariva più come uno strano giocattolo scientifico che come un apparecchio di qualche uso pratico; gli europei si erano ormai abituati ad apparecchi telegrafici molto evoluti, e mal tolleravano le frequenti defiances dei primi telefoni. Inoltre c’era il fatto che i telefoni facevano potenzialmente concorrenza al telegrafo, e dunque allo Stato che ne aveva quasi ovunque il monopolio. Così per esempio nel 1880 il governo inglese accusò la United Telephone Company di aver violato il monopolio del telegrafo, definito in una legge del 1863, e la costrinse a limitare il suo raggio di azione. Ciò non toglie che altrove fossero i funzionari stessi delle Poste e Telegrafi ad intuire le potenzialità del telefono; così, per esempio, i primi telefoni Bell vennero introdotti in Germania dopo la pubblicazione su "Scientific American" di un articolo che richiamò l'attenzione di Heinrich von Stephan, direttore del Ministero Imperiale delle Poste, che ne favorì l'utilizzo per il collegamento di uffici postali non dotati di telegrafo.

In Francia la presentazione del telefono avvenne nel 1877 all'Accademia delle Scienze e l'anno seguente all'Esposizione Universale di Parigi, senza però convincere molto il pubblico; ancora nel 1881 alla Mostra Internazionale dell'Elettricità di Parigi, la lampada ad incandescenza di Edison ricevette molta più attenzione del telefono.

 

I primordi del telefono a Milano

Il fatto più importante per l'introduzione del telefono in Italia fu la presenza all'Esposizione di Filadelfia del 1876 del prof. Giuseppe Colombo, del Politecnico di Milano, e di due attivi imprenditori milanesi, i fratelli Gerosa. Ritornato in patria Colombo presentò una relazione sulla base della quale l'ing. Marco Maroni, capo dell'Ufficio Telegrafi delle Ferrovie, costruì autonomamente e presentò a Milano, l’anno successivo, il primo telefono italiano.

Nel dicembre 1877, in un articolo sul giornale “La Perseveranza”, il prof. Colombo scriveva:
“... ora non solo il telefono è già in uso, ma nella stessa Milano, grazie agli studi di un nostro egregio cittadino, si poté avere la fortuna di constatarne gli effetti, quasi nello stesso momento in cui l’apparecchio veniva dall’inventore introdotto in Europa”.

Più o meno nello stesso periodo, sempre a Milano, i fratelli Gerosa iniziarono a costruire telefoni su licenza Bell; con uno di questi apparecchi fu effettuato il 30 dicembre 1877, un primo collegamento sperimentale. Così ne riferiva il “Corriere della Sera”:
“I fratelli Gerosa fecero a Palazzo Marino un nuovo esperimento col telefono, sistema Bell, di nuova loro costruzione… L’esperimento ebbe luogo fra il corpo di guardia dei Pompieri nel suddetto palazzo Marino e la caserma comunale di san Gerolamo, messi in comunicazione col filo telegrafico che serve per gli incendi. La distanza si può calcolare in circa tre chilometri”.

Primo esperimento di collegamento telefonico a Milano (1877)

Qualche giorno dopo (3-4 gennaio 1878), sul giornale “Il Sole” , compariva questo annuncio commerciale, che ci fornisce una sintetica descrizione di come funzionavano questi primi apparecchi:
“Il Telefono di recentissima invenzione è un apparecchio col quale si può comunicare a voce per lunghissime distanze, e può così sostituire il telegrafo; il suo maneggio è assai semplice. Un apparecchio doppio e completo consistendo in due Telefoni, serve per parlare e per ricevere le risposte, senza bisogno di pila, l’elettricità essendo sviluppata per induzione. Ogni apparecchio, costruito dalla stessa fabbrica che li fornisce alla Direzione Telegrafi dell’Impero Tedesco, costa con 20 metri di filo doppio, Lire 32. Ogni metro di filo in più costa Cent. 30. Unico deposito in Milano presso la succursale dell’EMPORIO FRANCO-ITALIANO, C. Finzi e C., in via S. Margherita 15, Casa Gonzales. Contro vaglia postale di L. 32 si spedisce dappertutto bene imballato e con relative istruzioni (porto a carico del committente).”

L’annuncio sembra pubblicizzare un prodotto tedesco, ma come si è già accennato esisteva anche una produzione locale, in quanto i fratelli Gerosa avevano iniziato a costruire di apparecchi telefonici nella loro Officina di via Vittoria Colonna, che sarebbe diventata il nucleo produttivo originario della Alcatel-Face, una delle società più importanti per tutta la telefonia italiana[1].

Telefono Ericcson (1890) e un modello simile prodotto dalla ditta Perego di Milano

Altri esperimenti locali simili a quello citato di Milano furono effettuati nello stesso periodo anche a Roma, Torino e Trieste, mentre la prima sperimentazione ufficiale di telefonia interurbana avvenne il 28 febbraio 1878, con un collegamento fra Roma e Tivoli, utilizzando la esistente linea telegrafica in filo di ferro lunga 29 Km.
Le prime reti telefoniche italiane furono tutte a breve raggio (la tecnica per il momento non consentiva altro), e sviluppate nelle città più importanti quali Milano, Bergamo, Bologna, Bari, Ferrara, Venezia. Si trattò di iniziative gestite da privati che non ebbero vita facile né grande sviluppo prima della fine dell’800.

Ritornando a Milano, nonostante pochi giorni dopo il primo esperimento della fine del 1877 sul giornale “Il Sole” fosse comparso anche questo trafiletto: “Il sig. Reynolds, rappresentante del sig. Bell, l’inventore del telefono, avendo ottenuto il brevetto di esclusività per l’Italia, si propone di formare una Società Telefonica Italiana in principio di questo anno…”, bisognò arrivare al maggio del 1881 per assistere alla costituzione, a poche settimane di intervallo l’una dall’altra, di due società per l'esercizio pubblico dei telefoni, la “Italo-Americana” con sede in via Orefici, e la “Italiana”, con sede in piazza Filodrammatici.

Le due società, che nel 1884 si fusero dando origine alla “Società Telefonica Lombarda” diretta da Edoardo Gerosa, poterono iniziare ad operare in quanto dal 1 aprile di quell’anno il ministro dei Lavori Pubblici aveva approvato il “Capitolato per le concessioni del servizio telefonico all’interno delle città e loro sobborghi”; si trattava del primo quadro legislativo su una materia che negli anni successivi trovò non pochi impacci nel sistema delle concessioni statali, che avevano durate troppo brevi (all’inizio solo tre anni) per indurre la concessionarie a realizzare impianti durevoli (allo scadere delle concessioni era inoltre prevista la cessione gratuita degli impianti allo Stato)[2].

Le linee aeree stese dalle due società, costituite da fili di bronzo fosforoso o di acciaio zincato da 3 mm, correvano sui tetti o lungo le facciate delle case raggiungendo gli abbonati della città e dei dintorni e collegandoli con le centrali di via Orefici, piazza Filodrammatici, via Palermo e via Sant'Andrea [3].
Gli apparecchi telefonici forniti da queste società erano già più evoluti dei primi telefoni di Bell, sopra descritti. Ogni abbonato della “Società Italo-Americana” disponeva di un apparecchio dotato di un campanello avvisatore e di una manovella con la quale si azionava il piccolo generatore di corrente che serviva ad attivare il segnale di chiamata alla centrale; una pila Leclanché, inoltre, alimentava il microfono. Quest'ultimo veniva appeso ad una leva che manteneva il commutatore in posizione di riposo quando non si voleva parlare, o di collegamento alla linea quando si sollevava il microfono stesso per attivare una comunicazione. La “Società Italiana” usava invece apparecchi in cui sia il campanello avvisatore che il microfono venivano alimentate da pile voltaiche.

Apparecchi telefonici costruiti a Milano dalla ditta Arturo Perego (verso il 1910)

Il servizio di commutazione nelle centrali era tutto svolto manualmente da donne che lavoravano di fronte a speciali banchi, ognuno dei quali controllava 50 abbonati, ciascuno individuato da una piastrella di legno riportante il suo numero. Quando un abbonato si metteva in comunicazione con la centrale la sua piastrella si ribaltava: l'operatrice si accorgeva così della richiesta, si faceva dire dall'abbonato con chi voleva collegarsi e procedeva alle necessarie commutazioni per metterlo in contatto con la persona voluta. Spinotto telefonico o jack (inizi ‘900)Se i due abbonati appartenevano allo stesso banco l'operatrice non doveva far altro che introdurre due "caviglie" (spinotti) uno nel posto corrispondente al terminale del primo abbonato ed una in quello del secondo; se apparteneva ad un altro banco doveva avvertire la sua collega in modo da mettere prima in comunicazione i due banchi e poi ripetere la precedente operazione. Se poi l'abbonato richiesto faceva capo ad un'altra centrale si provvedeva al collegamento tramite un altro banco speciale ed un commutatore che era denominato di tipo "svizzero", mediante il quale si poteva mettere il contatto la stazione centrale con una qualsiasi delle succursali.

Banchi di operatrici del telefono (1910)

Nel maggio 1884 venne attivato il servizio telefonico pubblico fra Milano e Monza (distanza circa 20 Km), che costituiva la prima vera linea interurbana italiana. I cavi seguivano il percorso della tramvia Milano-Monza. La tariffa per la conversazione era di 50 centesimi ogni cinque minuti.

La nave posa cavi Città di Milano della Pirelli (verso il 1890)Per un significativo sviluppo di linee interurbane bisognò comunque attendere l’introduzione di perfezionamenti tecnici che superassero il problema della notevole attenuazione dei segnali con la distanza. La “pupinizzazione” (inventata da Pupin verso il 1900), consisteva nella introduzione di bobine di induzione a distanze regolari (circa 1800 m) lungo i cavi; la “kraruppizzazione” (inventata verso il 1902), consisteva nell’aumentare in modo graduale l’induttanza della linea.
Successivamente, quando furono disponibili le valvole termoioniche (l’invenzione del diodo è del 1904 e quella del triodo del 1906), l’utilizzo degli amplificatori elettronici permise il passaggio alla trasmissione con cavi interrati multicoppia, sui quali in poco spazio potevano essere concentrate un gran numero di linee. Il perfezionamento delle tecniche di costruzione e realizzazione di questi cavi fu uno degli elementi fondamentali dello sviluppo della rete telefonica: infatti grandi erano i vantaggi che essi consentivano, ma se il loro isolamento non era perfetto si verificavano fenomeni di “diafonia”, cioè il passaggio di una conversazione da una coppia di fili a un’altra.

Oltre che nel campo delle apparecchiature telefoniche, Milano ebbe in questo senso un’altra occasione per diventare un centro nodale dell’industria telefonica italiana, in quanto la Pirelli (fondata nel 1878, e già leader nel campo dei cavi telegrafici ed elettrici) coi suoi stabilimenti milanesi si affermò rapidamente come il punto di riferimento industriale italiano[4] nella produzione dei cavi telefonici.

 

Milano nodo fondamentale della rete telefonica nazionale

Un tombino di un cunicolo cavi della Società
Telefonica Alta Italia (inizi ‘900)Dopo il 1900, a Milano e nel resto d'Italia, all'iniziale scarso coinvolgimento dello Stato che aveva seguito una politica di concessioni ai privati subentrò un programma di riscatto delle concessioni che gradualmente scadevano, così che, già nel 1907[5], lo Stato gestiva 173 linee interurbane contro le 81 ancora in mano ai privati. A Milano passò alla Stato la “Società Telefonica Alta Italia”, che era a sua volta subentrata, nel 1893, alla già citata Società Telefonica Lombarda.

La gestione statale si dimostrò però onerosa e poco efficiente[6], anche perché lo Stato aveva in genere rilevato impianti mal realizzati ed in cattive condizioni di manutenzione; si preparò così il terreno per una nuova inversione di rotta.
Pubblicità della STIPEL (verso il 1930)Si dovette comunque attendere il 1923 per giungere ad un riassetto completo del comparto telefonico nazionale che portò ad una parziale ri-privatizzazione del servizio: lo Stato mantenne la sola gestione diretta della rete a grande distanza, tramite l’Azienda di Stato per i Servizi Telefonici, lasciando ai privati la gestione delle reti urbane ed a media distanza. In concomitanza con la nascita dell’azienda statale, ci fu anche una completa riorganizzazione del comparto privato: scomparvero le 64 piccole società telefoniche pre-esistenti e dal 1 luglio 1925 entrarono in funzione cinque sole società pluri-regionali. Piemonte e Lombardia vennero affidate alla STIPEL[7] (Società Telefonica Interregionale Piemonte e Lombardia), sotto la cui gestione Milano divenne un importante nodo telefonico.

Questo riassetto diede un buon impulso alla telefonia italiana che ancora nei primi anni ’20 era notevolmente indietro rispetto alle altre nazioni sviluppate (la diffusione del telefono a Milano ed in Italia era ancora modestissima[8]). Fra le altre cose, l’ammodernamento degli impianti fece calare drasticamente i tempi di attesa per avere una chiamata, e le interruzioni per guasto.

Milano fu interessata da importanti interventi tecnici: dapprima la costruzione della prima centrale automatica[9] cittadina, a Porta Romana, realizzata nel 1923 dalla Siemens Italiana (utilizzando il sistema Strowger-Siemens), e poi la posa del cavo sotterraneo Torino-Milano-Laghi che collegava i più importanti centri del Piemonte e della Lombardia, allacciandosi nel contempo alla rete telefonica nazionale.

Anche se oggi per noi può sembrare banale, gli utenti dovettero abituarsi a fare a meno delle telefoniste (ad ogni modo, solo per le chiamate urbane), e diventare “telefonisti di se stessi”, imparando a comporre il numero richiesto con il disco combinatore ed a riconoscere i segnali di libero e occupato.

Istruzioni per l’uso dei telefoni automatici (verso il 1923)

Così un quotidiano di quei giorni informava i lettori della novità (da “L’Italia”, 23 marzo 1923):
“Nel pomeriggio d’ieri è stata inaugurata la prima sottocentrale telefonica automatica di porta Romana…
…Come abbiamo potuto rilevare altra volta, cogli apparecchi automatici ogni abbonato diventa telefonista di sé stesso…
…il numero deve essere combinato esclusivamente col gancio alzato, perché il disco non gira se il gancio è abbassato; appositi segnali acustici avvertono anche se l’abbonato chiamato è libero o se è occupato. L’abbonato chiamato, se è libero, riceve un avviso intermittente ogni due secondi. Durante la conversazione nessuno può includersi per troncarla…
...per ora solo gli abbonati compresi fra il 50.000 ed il 59.999 possono comunicare fra di loro col sistema automatico. Tutte le altre comunicazioni si stabiliscono componendo i seguenti numeri: 9 per i numeri ancora a sistema manuale, 01 per le prenotazioni interurbane, 02 per l’ufficio informazioni, 03 per l’ufficio reclami.”

Pubblicità della STIPEL (verso il 1925)Bisogna ricordare che queste iniziative avevano avuto la loro origine ancora nel 1917, quando una commissione di studio presieduta dall’ing. Semenza aveva tracciato le linee di sviluppo della telefonia italiana che sarebbero rimaste valide fino a circa il 1930. Sulla base di questi studi Pirelli, Western e Tedeschi (società di cavi torinese) avevano costituito un consorzio per promuovere lo sviluppo delle reti telefoniche interurbane. Questo consorzio si era poi trasformato, nel 1921, nella SIRTI (Società Italiana Reti Telefoniche Interurbane) che negli anni ’20 svolse gran parte del lavoro di realizzazione del piano Semenza, e più oltre, fino al 1943, realizzò i principali collegamenti italiani a grande distanza, con cavi amplificati ed apparecchiature prodotte in parte su licenza americana (Western Electric) ed in parte su licenza tedesca (Siemens).

Le nuove società create dalla privatizzazione, investirono discrete risorse nella promozione delle loro attività. Per esempio, per migliorare le trasmissioni locali la STIPEL introdusse, nel 1928, il duplex (poi adottato anche dalle altre compagnie telefoniche) che permise di estendere il servizio contenendo le tariffe. Si cercò anche di riutilizzare al meglio il personale in esubero a causa dell’introduzione dei sistemi di connessione automatica, offrendo nuovi servizi agli abbonati. Nel 1928, per esempio, l’annuario degli abbonati elencava 18 servizi a disposizione del pubblico, fra i quali la chiamata taxi, la sveglia telefonica, le informazioni sugli orari dei mezzi pubblici e sulle estrazioni del lotto, e la segreteria telefonica. Non mancarono anche gli sforzi nel campo della comunicazione per cercare di migliorare i rapporti con la clientela facendo comprendere la complessità del sistema telefonico.

Apparecchi SITI-DOGLIO (verso il 1925)

Apparecchi Siemens, modello ’27 (1927)

Mentre gli apparecchi, gradualmente, assumevano le forme che ci sarebbero poi state familiari per vari decenni, i servizi telefonici acquistavano un peso sempre più grande per l’industria pubblica nazionale, tanto che nel 1933, l'IRI, che era il detentore dei pacchetti azionari di maggioranza della STIPEL, della TELVE e della TIMO, diede vita alla STET, Società Torinese Esercizi Telefonici.

Gli anni ’30 videro anche la sperimentazione e lo sviluppo di nuove tecnologie di trasmissione dei segnali derivate dai progressi della radio, che avrebbero col tempo liberato la rete telefonica dalla necessità dei cavi. Fu così nel 1940 che da Milano si creò il primo collegamento con Roma tramite un ponte-radio che aveva due sole stazioni ripetitrici, sul Monte Cimone e sul Terminillo.

Al termine della seconda guerra mondiale l’Italia si ritrovò con una rete locale e nazionale gravemente danneggiata. Alla sua ricostruzione ed espansione parteciparono attivamente le principali società telefoniche italiane che si erano quasi tutte insediate a Milano: la SIEMENS, che doveva poi entrare nel 1950 nel gruppo statale IRI-STET, la FACE (Fabbrica Apparecchiature per Comunicazioni Elettriche), che era stata fondata nel 1935 dalla Standard Elettrica Italiana, l’AUTELCO (nata nel 1926 dalla americana Automatic Electric). A queste bisogna aggiungere la ERICSON-FATME, che aveva sede a Roma.

A Milano nacque anche nel 1946, per iniziativa dell’ing. Floriani, la TELETTRA che ebbe inizialmente un ruolo importante nello sviluppo di nuove tecnologie di trasmissione multipla su cavo ed in seguito diede un fondamentale contributo alla realizzazione della rete dei ponti radio ed alla trasformazione del sistema telefonico nazionale in una rete digitale, controllata da computers.

Il decollo dello sviluppo della rete telefonica italiana avvenne a partire dagli anni ’60. Nel 1962 c’erano ancora solamente 8,5 apparecchi ogni cento abitanti, ma l’inizio di una forte tendenza alla crescita era già evidente dal fatto che le aziende non riuscivano a soddisfare le nuove richieste e le attese per avere un telefono si allungavano[10]. Gli ingenti flussi migratori interni in atto in quegli anni fecero crescere enormemente anche la richiesta di comunicazioni interurbane (che iniziarono ad aumentare al ritmo del 15-20% all’anno). In venti anni gli abbonati al telefono quadruplicarono, passando da 4,2 milioni a 16,5 milioni.

Val la pena di ricordare anche alcuni dei numerosi riassetti societari, che hanno accompagnato questo forte sviluppo:

- nel 1957: scaddero le concessioni trentennali approvate nel 1925. Lo Stato si accaparrò l'esercizio del servizio telefonico, stabilendo che "le concessioni dei servizi telefonici ad uso pubblico possono essere accordate solo a società per azioni, il cui  capitale sia direttamente o indirettamente posseduto dallo Stato". Anche i pacchetti azionari della TETI e della SET confluirono nella STET.

- nel 1962, a seguito della nazionalizzazione delle aziende elettriche, la SIP (Società Idroelettrica Piemontese) investì proficuamente i capitali provenienti dall’esproprio nel settore delle telecomunicazioni. Così nella SIP, Società Italiana per l'Esercizio Telefonico, confluirono le primitive cinque concessionarie. Il servizio fu progressivamente razionalizzato per mezzo dell'unificazione delle tecnologie e dell'estensione della teleselezione (conclusa nel 1970) su tutta la penisola (l’Italia, fu il terzo paese europeo, dopo Olanda e Germania, a completare il servizio di teleselezione automatica su scala nazionale).

- nel 1994: è avvenuto l'ultimo grande riassetto nel settore delle telecomunicazioni, prima della nuova liberalizzazione del servizio: dall'unione tra SIP, Telespazio, Intel e Sirrn è nata TELECOM ITALIA, gestore unico del servizio telefonico (il cui monopolio è stato presto rotto, è storia contemporanea, delle varie Wind, Infostrada, Tiscali, Tre, ecc).

 

Bibliografia

AA.VV., Capire il domani: STET 1933-1983, Edizioni SEAT
AA.VV., Il centenario del servizio telefonico pubblico in Italia:1881-1981, Edizione a cura di SIP
AA.VV., Il telefono, il lavoro e la società, Edizione a cura di SIP
BIANUCCI PIERO, Il telefono, la tua voce, Vallecchi
BERTHO CATHERINE, Telegraphes e telephones, du valy au microprocesseur, Paris, 1981
CARASSA FRANCESCO, Telecomunicazioni ed elettronica, in AIM (a cura di S. Campodall’Orto), Innovazione e sviluppo a Milano, Abitare Segesta, Milano, 1996
CLARK RONALD V., Edison: l'uomo che ha fatto il futuro, Sperling&Kupfer, Milano, 1979
FERRINI RINALDO., Telefoni ed orologi elettrici, in AA.VV, Milano Tecnica dal 1859 al 1884, Hoepli, 1885, Ristampa Edizioni L'Archivolto, Milano 1988
FIGUIER LOUIS, Meraviglie e conquiste della scienza. L'illuminazione elettrica, il telefono, il telegrafo, Treves, Milano, 1886
FISCHER CLAUDE, America Calling: A Social History Of The Telephon to 1940, University of California Press, 1992
FISHER C. S., Touch Someone: The Telephone Industry Discovers Sociability, in “Technology&Culture”, The University of Chicago Press, Chicago, January 1988
FODDIS G., Telefonia, Hoepli, Milano
FOREMAN PECK JAMES, The Development and Diffusion of Telephone Technology in Britain, 1900-1940, in “Transactions of the Newcomen Society”, n.63, 1991
GARRAT G. R. M., Telegrafia, in Charles Singer (a cura di), Storia della tecnologia, vol. 4, tomo 2, Bollati Boringhieri, Torino, 1993
KRAGH HELGHE, Un transfert de technologie: l'introduction du telephon aux Etats Unis et en Europe, in “ Le Cahiers” n.1, Edizioni France Telecom, 1995
MUELLER M., The Switchboard Problem: Scale, Signaling and Organization In Manual Telephone Switching, 1877-1897, in “Technology&Culture”, The University of Chicago Press, Chicago, July 1989
QUINTAVALLE UMBERTO, La posta, il telegrafo, il telefono, Federazione Italiana delle biblioteche Popolari, Milano, 1918
ROSSI CESARE, Cognizioni utili sui telefoni, Editore Telegrafia e telefonia, Milano 1908
SIEMENS-AUSO, 50 anni di telefonia automatica in Italia, Edizione a cura di Società Italiana Telecomunicazioni Siemens, Milano, 1963
SORESINI FRANCO, Telefoni, BE-MA Editrice, Milano, 1989

Visita questi siti:
Breve storia del telefono (in italiano)
Breve storia del telefono (in inglese)

Approfondimenti:

Chi ha inventato il telefono?
Il telegrafo



[1] A Milano, agli inizi del ‘900, fu anche impiantata per iniziativa di Arturo Perego, brillante tecnico telefonico-telegrafico, una seconda fabbrica di apparecchi telefonici. Nel 1909 i fratelli Gerosa cedettero le loro attività industriali alla Western Electric (associata della omonima società americana); qualche anno più tardi, durante la prima guerra mondiale, questa società, assieme alla Perego, orientò la produzione alle esigenze militari.

[2] In Italia, come nel resto d'Europa, i costi elevati degli impianti, rimasero a lungo un ostacolo alla diffusione del telefono, che era considerato un apparecchio da lavoro o di lusso, e quindi appannaggio solo dei più abbienti. Nel 1885 gli abbonati al telefono di Milano erano in tutto 1.277 dei complessivi 8.038 abbonati italiani, e le comunicazioni circa 11.000 al giorno.

[3] Come per il telegrafo, anche per il telefono veniva usato un solo filo per ogni utente perché il ritorno del circuito elettrico era tramite la terra.

[4] Nel 1886 la Pirelli ricevette l’incarico dal governo italiano per la stesura di dodici cavi sottomarini verso le isole principali. A questo scopo fu appositamente allestita una nave posacavi, che fu battezzata “Città di Milano”.

[5] Furono gli anni dei governi Giolitti, nei quali fu in auge un forte interventismo pubblico/statale in molti campi dell’economia e dei servizi di pubblico interesse. Si ricorda che nel 1905 divennero statali le Ferrovie.

[6] Non mancò comunque il raggiungimento di alcuni obbiettivi significativi, specialmente nelle reti interurbane; alla vigilia della prima guerra mondiale tutti i 69 capoluoghi di provincia e di circondario erano collegati, ed i posti telefonici pubblici erano sei volte più numerosi che nel 1907.

[7] Le altre società furono la TELVE (area veneta), la TIMO (Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo-Molise, la TETI (Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna) e la SET (Campania, Puglie, Basilicata, Calabria e Sicilia). Queste società confluiranno nella SIP nel 1964.

[8] A Milano c’erano 2,5 apparecchi ogni 100 abitanti, mentre la media italiana era di 0,4 ogni 100 abitanti. Negli stessi anni la media degli USA era 14,3, quella della Svezia 0,63.

[9] La prima centrale telefonica automatica dell’Italia era stata realizzata nel 1913 a Roma (centrale di Prati di Castello). Nel 1914 era stata realizzata un’altra piccola centrale a Jesi. La costruzione di centrali automatiche riprese solo dopo la Grande Guerra. Torino precedette Milano di un anno.

[10] Per esempio la TETI aveva in sospeso, nella zona di Roma, 100.000 domande di allacciamento.

Ultima modifica: lunedì 3 maggio 2004

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