Benché
ci siano notizie che in Cina il gas (naturale) fosse stato scoperto ed
utilizzato fin dall’antichità, per quanto riguarda l’Europa l’idea di usare il
gas per l’illuminazione dovette essere preparata da alcune scoperte
fondamentali in grado di far comprendere l’esistenza e la natura dei fluidi
aeriformi differenti dall’aria, quali quella del gas pingue (metano), ad opera del medico, chimico e naturalista
fiammingo Jan Baptista Van Helmont verso la fine del '500 (Van Helmont fu il
primo ad usare il termine gas per i fluidi aeriformi), e dell'idrogeno, da
parte del fisico inglese Henry Cavendish (1731-1810) nel 1766[1].
Grande importanza ebbero anche i notevoli progressi delle scienze chimiche e
fisiche durante ‘700[2]. Più in
generale, fu ovviamente un elemento a favore il fatto che a partire dal
medioevo il carbone fosse divenuto un combustibile largamente utilizzato,
specie nei paesi del Nord Europa che disponevano di giacimenti di facile
coltivabilità. Scarsa influenza ebbe invece, all’inizio, l'industria del
carbone da altoforno (carbon coke), che pure si era gradualmente affermato come
il principale combustibile per la siderurgia: stranamente, infatti, le grandi
quantità di gas, potenzialmente utile, prodotte nel processo di cokificazione[3]
non venivano recuperate.
Nel
1784, Jean Pierre Minkelers, professore di fisica a Lovanio, pubblicò la sua Mémoire sul l'air inflammable dove
descriveva la produzione, dal carbone, di un gas per gonfiare i palloni. Pare inoltre che in quelli anni egli illuminasse a gas il suo
laboratorio ed è per questo considerato da alcuni come l'inventore di tale
tecnica.
Verso
la fine del '700 si ha notizia anche di diversi altri personaggi che
cominciarono a sperimentare sull'illuminazione a gas, ma solo il lavoro del
francese Philippe Lebon, ingegnere
del Service de Ponts e Chaussées[4],
e dell'inglese William Murdock
portarono a qualche risultato pratico.
Lebon
tentò, senza successo, di interessare il governo francese (per il quale
lavorava) alle sue scoperte e non trovando risposta cercò di attirare
l'attenzione organizzando la prima dimostrazione pubblica di illuminazione a
gas all’Hotel Seignelay di Parigi, nell'ottobre del 1801. In
quell'occasione egli ottenne il gas da due "termolampade" nelle quali
distillò a secco, non del carbon fossile, ma del legno, scaldandolo ad alta
temperatura in un recipiente chiuso di lamiera di ferro. Neanche con questa
dimostrazione Lebon ebbe successo; egli morì tragicamente tre anni dopo, nel
1804, troppo presto per vedere la traccia che le sue idee, e le sue profezie
sull'uso del gas, lasciarono comunque nella storia.
La
Francia di quegli anni (si era nel pieno dell’ascesa del dominio personale di
Napoleone, che stava sconvolgendo l’Europa con i suoi eserciti e le sue idee
nate dalla Rivoluzione), non si dimostrò abbastanza ricettiva verso una
tecnologia che, almeno inizialmente, trovò molta più fortuna nella pragmatica
Inghilterra, dove era forse meno consolidato il sostegno statale alla scienza[5]
e alla tecnologia, ma dove il potente motore dell’innovazione, costituito dal
processo di industrializzazione, era da tempo all’opera.
Murdock,
era un progettista meccanico presso la fabbrica inglese di caldaie e motori a
vapore Boulton-Watt. Agevolato dal potenziale tecnologico della ditta e
col sostegno di Gregory Watt, figlio di James Watt (il grande inventore il cui
nome è legato al motore a vapore), che aveva assistito a Parigi alla
dimostrazione di Lebon, egli ebbe modo di compiere molti esperimenti di
produzione e purificazione del gas con diverse qualità di carbone, dando una
dimostrazione delle potenzialità del gas in occasione della celebrazione della
pace di Amies (siglata fra Francia e Inghilterra nel 1802), quando la fonderia
della Boulton-Watt, a Soho (Birmingham), fu illuminata da due potenti
fiamme a gas.
In
parallelo allo sviluppo della tecnologia del gas, in quegli anni si crearono in
Inghilterra due condizioni favorevoli perché essa potesse affermarsi: la
scarsità ed il grande rincaro di prezzo dell'olio di balena e di sego
(largamente usati per le lampade ad olio) dovuto prima alla guerra americana e
poi alle guerre napoleoniche, e le crescenti necessità di illuminazione degli
stabilimenti tessili, dove i proprietari cercavano di prolungare il più
possibile l’utilizzo dei telai meccanici facendoli funzionare ben oltre le ore
di luce naturale. In quest'ultimi, inoltre, gli incendi dovuti ai rudimentali
ed insicuri impianti di illuminazioni erano così frequenti che le compagnie
assicuratrici avevano aumentato enormemente i loro premi, ma erano ben disposte
a ridurli a fronte dell'installazione di impianti che dessero maggiori garanzie
di sicurezza.
Murdock
realizzò così nel 1806 il primo impianto di illuminazione a gas per il
cotonificio Philips and Lee di
Manchester, alimentandolo con sei storte di ghisa, nelle quali veniva
introdotta una carica di circa 750 Kg di carbone; il gas proveniente dal
rudimentale impianto alimentava alcune centinaia di lampade, sparse in tutto lo
stabilimento, alcune delle quali nella casa del proprietario.
Gli
impianti di Murdock furono presto superati in qualità da quelli costruiti da un
ex-dipendente della Boulton-Watt, Samuel
Clegg, che li dotò di un depuratore a calce con il quale si eliminavano
molte delle impurezze del gas grezzo, fonti di inconvenienti, quali intasamento
e corrosione delle tubazioni, e di cattivi odori. Piccoli impianti indipendenti
di stabilimento o di palazzo cominciarono così ad avere una certa diffusione.
Frederic Albert Winsor[6], ebbe però la giusta intuizione che i
consumatori avrebbero dovuto essere riforniti da un impianto centralizzato di
grandi dimensioni, mediante tubazioni, "allo scopo di fornire alle nostre
strade e alle nostre case luce e calore...come sono attualmente fornite di
acqua"[7].
Winsor
trovò i finanziamenti per fondare a Londra nel 1806 la National Light and Heat Company e nel giugno 1807 iniziò un
esperimento di illuminazione pubblica in una piccola zona del centro della
città. Con il nuovo nome di Gas Light and
Coke Company la società ebbe poi nel 1812 una larga concessione che le
permise di espandere abbastanza rapidamente la sua rete di condutture,
portandola a 40 Km alla fine del 1815.
Forti
di queste precoci esperienze fatte a Londra ed in altre grandi città, per tutta
la prima metà del secolo scorso gli inglesi (seguiti a ruota dai francesi)
mantennero la leadership in Europa come progettisti e costruttori di impianti
per la produzione del gas, favorendone la diffusione in tutto il continente, a
partire dai paesi ricchi di carbone, come Francia, Belgio e Germania[8].
Lo stesso Winsor si
trasferì a Parigi, iniziando nel 1819 l’illuminazione a gas di alcune zone
centrali della città. Le vignette del tempo mostrano che a Parigi (ma
era successo lo stesso a Londra) i cittadini ebbero a lamentarsi dei disagi
provocati dalla stesura dei tubi del gas, ma a lavori finiti in genere si
sprecarono le lodi per la nuova meraviglia.
La tecnologia del gas
approdò rapidamente anche negli Stati Uniti, dove Baltimora fu la prima città
ad avere, nel 1817, un impianto di illuminazione pubblica, seguita nel 1822-23
da Boston e New York .
[1]
Più che di una scoperta si trattò forse di una riscoperta, in quanto pare che
l’esistenza dell’idrogeno fosse già stata compresa da Paracelso, verso il 1540
[2]
Benché sia più noto per le sue scoperte sull’elettricità, Alessando Volta compì
notevoli studi anche nel campo dei gas.
Vale inoltre la pena di citare il fatto che il
fisico italiano Felice Fontana dimostrò nel 1780 a Milano la possibilità di
produrre dal vapor d’acqua un gas infiammabile (perché ricco di H2 e
CO), quello che più tardi sarebbe stato denominato “gas d’acqua”.
[3]
Questo processo consiste nella rimozione dal carbone delle sue componenti volatili
e di alcuni elementi, quali lo zolfo, la cui presenza lo rendono inadatto ad un
uso diretto per la siderurgia; si tratta in pratica di riscaldare il carbone in
assenza, o meglio in difetto d’aria (pirolisi), producendo in tal modo grandi
quantità di un gas di composizione mista.
[4] Servizio dei Ponti e delle Strade. Costituì uno dei
primi "corpi" tecnologici in Europa, ed ebbe un'enorme importanza per
lo sviluppo della scienza ingegneristica.
[5]
Lo stato napoleonico dedicò molta attenzione e risorse alla creazione ed al
sostegno di numerose scuole pubbliche, anche di tipo tecnico, e ad organismi
scientifici nazionali, quali l’ Istituto di Francia, che diventò un organo di
coordinamento statale della ricerca scientifica.
[6]
Albrecht Friedrich Winzler, nato in Moravia, si era trasferito in Inghilterra
nel 1804, ed aveva anglicizzato in Winsor il suo nome originale.
[7]
In realtà, a differenza di Londra, in molte città europee la rete idrica
apparve assai più tardi di quella del gas (fu il caso anche della stessa
Milano).
[8]
Dopo il 1815, l’anno del Congresso di
Vienna che sancì la fine delle fortune di Napoleone e diede inizio al periodo
della Restaurazione, per l’Inghilterra, che era stata tutt’altro che indebolita
dal blocco “Continentale” delle merci inglesi decretato fra il 1806 e il 1807
quando Napoleone si era ritrovato momentaneamente padrone di quasi tutta
l’Europa, si aprirono grandi occasioni di esportare verso il continente molte
delle sue conquiste tecnologiche.