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Origine dell’illuminazione pubblica in alcune città europee

di Gian Luca Lapini

 

In alcune grandi città, come nella Parigi del ‘500, nei mesi invernali vigeva l’ordine di appendere, ogni sera verso le sei, una lanterna sotto il davanzale delle finestre del primo piano in modo da illuminare la strada. Da ciò nacque, nel tardo ‘600, la prima vera illuminazione pubblica ad organizzazione centrale con lanterne delle quali in ogni strada la polizia fissava posizione e misure.

A Londra, soltanto nel 1736 si raggiunse una certa standardizzazione allorché l’illuminazione d’ogni singolo distretto urbano venne affidata ad un’impresa privata, divenendo così un servizio semi-pubblico, finanziato con le tasse pagate dai singoli proprietari di case. Per tutto il XVII e XVIII secolo l’illuminazione stradale mantenne lo scopo principale di garantire l’ordine pubblico, e per questo se da un lato questo monopolio statale della luce veniva apprezzato perché prometteva sicurezza, dall’altro, in quanto istituzione di polizia attirava su di sé tutte le antipatie che tradizionalmente erano rivolte a quest’ultima. Non stupisce, quindi, che le lanterne delle strade di Parigi abbiano sin dall’inizio istigato all’aggressività gli ubriaconi e i nottambuli che le prendevano di mira con i loro bastoni e, più tardi, tagliavano le corde che le sorreggevano. Veniva così spento, simbolicamente, il potere che le lanterne rappresentavano: l’oscurità che subentrava era un frammento di disordine e di libertà. Ogni gesto distruttivo era un atto di ribellione contro l’ordine pubblico e, come tale, veniva punito. A Parigi veniva considerato un crimine, mentre a Londra, dove le lanterne non erano simboli di potere assoluto, ci si limitava a pene pecuniarie[1].

Lampada ArgandMancavano, ad ogni modo, i mezzi tecnici adatti a illuminare grandi spazi aperti perché in sostanza fino al ‘700 l’illuminazione, sia pubblica sia privata, restò legata alle candele e ai lumi, rimasti sostanzialmente immutati per millenni. Però nella seconda metà del XVIII secolo lo stoppino dei lumi ad olio fu oggetto di vari ammodernamenti. Una prima svolta si ebbe nel 1763 a Parigi, quando venne introdotto un nuovo tipo di lanterna a riflettore o réverbère (un termine che in francese sarebbe diventato sinonimo di lampione stradale). Al posto della candela conteneva una lampada ad olio provvista di molti stoppini e dotata di due riflettori: uno, semisferico e posto sopra la fiamma, proiettava la luce verso il basso, un altro, leggermente concavo, la orientava lateralmente. Nel 1773 sempre in Francia venne utilizzato per la prima volta uno stoppino piatto che permise di ottenere una fiamma più larga, ma il vero salto di qualità si ebbe con l’invenzione di F. Amie Argand[2] che, fra il 1783 e il 1785, realizzò una lampada nella quale lo stoppino era tubolare cavo: conseguentemente alla fiamma arrivava molta più aria, la combustione era migliore e non si formava il fumo nero tipico di una cattiva combustione. La fiamma, la cui intensità poteva essere regolata a mezzo di un congegno in grado di allungare o accorciare lo stoppino, era racchiusa in un cilindro di vetro che la proteggeva e potenziava l’effetto camino. La lampada Argand produceva una luce più luminosa, più bianca e più ferma di tutte le lampade ad olio precedenti[3]. Il combustibile poteva essere olio vegetale, oppure canfino, un olio resinoso, oppure un olio minerale, distillato dal petrolio.
I lumi a petrolio che siamo abituati a vedere nei film western od in costume, sono in effetti lampade di Argand od una delle numerose varianti che derivarono dall’idea di Argand.

Schema costruttivo di lampade Argand (inizi ‘800)

Lo stesso concetto fu ripreso nei becchi a gas, che furono comunque realizzati in una grande varietà di forme nel tentativo di ottenere la migliore combustione e la migliore resa luminosa, abbassando i consumi di gas.

Becco a gas tipo ArgandBecco a gas a coda di pesce tipo
Manchester

 

 

 

 



[1] Negli anni della Rivoluzione Francese le lanterne protese in mezzo alla strada vennero spesso sostituite con i cappi da forca usati per impiccare i rappresentanti dell’Ancient Regime. Togliere le lanterne e usare i loro sostegni come patibolo significava eliminare in un sol colpo un segno di sovranità e coloro che detenevano il potere.
Durante le rivoluzioni e le rivolte parigine del luglio del 1830 la distruzione delle lanterne conobbe un incremento che ne fece un fenomeno collettivo popolare. Non si trattava più di alcuni spavaldi che distruggevano una o più lanterne, ma del popolo che voleva spengerle tutte. Era un’azione simbolica contro il potere, ma anche una misura pratica e strategica nell’ambito dei combattimenti nelle strade condotti dai rivoltosi contro le forze dell’ordine. La distruzione delle lanterne può essere affiancata ad un’altra misura presa dai combattenti rivoluzionari: l’erezione delle barricate.
Nel 1848 i rivoltosi non poterono contare sul favore delle tenebre, perché si era passati all’illuminazione a gas. Per ottenere il buio non bastava più agire sulle singole lanterne, ma bisognava attaccare la centrale che, naturalmente, era strettamente sorvegliata.

[2] Argand era nato a Ginevra, in Svizzera, nel 1755, ma si era poi trasferito a Londra dove nel 1784 fu depositato il brevetto della sua lampada.

[3] La relazione del chimico Pierre Joseph Macquer (1783), membro dell' Accadémie des Sciences, è un’interessante testimonianza sull’effetto prodotto dalla nuova fiamma di forma cilindrica sulla percezione della luce esistente all'epoca:
“L'effetto di questa lampada è dei più belli. La sua luce molto bianca, molto viva e quasi abbagliante supera di molto quella di tutte le lampade inventate sino ad oggi, e non produce alcun fumo. Per parecchio tempo ho tenuto sopra la fiamma un foglio di carta bianca, che una fiamma che fa fumo avrebbe annerito in poco tempo. Ma il foglio è rimasto perfettamente bianco. Non ho, inoltre, sentito il benché minimo odore sopra e intorno alla fiamma della lampada di Argand.”

Ultima modifica: lunedì 8 marzo 2004

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