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La Centrale elettrica di via Santa Radegonda

di Gian Luca Lapini

La centrale di Santa Redegonda in una foto aerea degli anni ‘20

 

La prima centrale elettrica non solo italiana, ma dell’Europa Continentale[1], fu di tipo termoelettrico e sorse in una piccola area compresa fra le vie Santa Radegonda ed Agnello, vicinissimo al fianco sinistro del Duomo. Collocazione dell’edificio della Centrale, fra le vie S. Radegonda e Agnello (1883)Sezione dell’edificio della Centrale di S. Radegonda; le caldaie erano al primo piano, le macchine nel seminterrato (1883)Per la sua costruzione furono acquistati i locali del teatro di Santa Radegonda[2], che era ormai in disuso da qualche anno. Nel corso del 1882-83, il teatro fu demolito ed al suo posto fu eretto l’edificio della Centrale, che accoglieva al primo piano le caldaie a carbone ed al piano terra le macchine alternative a vapore e le dinamo. Fu inoltre costruita una ciminiera di mattoni (alta 52 metri), che si vede chiaramente svettare di fianco al Duomo nelle fotografie di fine ‘800; evidentemente i nostri trisnonni avevano meno preoccupazione di noi sulla “qualità dell’aria” o più semplicemente facevano quel che potevano!

La ciminiera di S. Radegonda di fianco al Duomo, altezza 52 m (fine ‘800)

Dinamo Edison tipo Jumbo, simili a quelle della Centrale di S. Radegonda (1883)Rete di distribuzione della corrente da S. Radegonda (1883)La potenza elettrica delle quattro dinamo installate (circa 350 kW complessivi, quanto bastava per accendere 4800 lampade ad incandescenza da 16 candele, alimentate a 100-110V) era modesta per i nostri standard, ma cospicua per il suo tempo[3]. In effetti uno dei motivi di successo del sistema Edison fu la notevole potenza delle sue dinamo, che erano state soprannominate proprio per questo “Jumbo”, come il famoso elefante del circo Barnum. L'energia elettrica prodotta era in corrente continua e veniva distribuita tramite conduttori interrati[4] in una piccola area compresa fra piazza del Duomo, piazza della Scala, e la Galleria. Gli utenti della Centrale furono i negozi dei portici settentrionali di pza Duomo, i locali eleganti che si affacciavano sulla Galleria, il Teatro Manzoni[5] ed il Teatro della Scala[6], gli unici probabilmente disposti a pagare[7] quasi il doppio delle tariffe di una equivalente illuminazione a gas; va detto comunque che la società del gas aveva abbassato notevolmente le sue tariffe in vigore quell’anno nella zona centro, proprio per battere la concorrenza dell'energia elettrica.

La vita del primo impianto di via Santa Radegonda fu piuttosto breve; in effetti il sistema Edison era nel suo complesso ben progettato[8], ma aveva dei forti limiti per quanto riguardava la distanza utile di trasmissione della corrente. Già due anni più tardi, quando la società Edison ebbe dal Comune il primo incarico di illuminazione stradale, i macchinari furono potenziati con l'installazione di 8 dinamo del tipo Thomson-Houston esclusivamente dedicate all'alimentazione di lampade ad arco stradali.

L’interno della Centrale di S. Radegonda, con le sei dinamo Jumbo e le relative motrici a vapore (1883)

Nel 1898 nell’adiacente officina di via Agnello venne installato un gruppo di “convertitori rotanti” per trasformare in corrente continua la corrente alternata proveniente dalla nuova Centrale Idroelettrica di Paderno; nei locali di Santa Radegonda venne inoltre installata una batteria di accumulatori che doveva servire ad evitare accensioni troppo frequenti della Centrale Termoelettrica di Porta Volta e ad alimentare, insieme ai convertitori, sia la rete tranviaria che la esistente rete in corrente continua che serviva il centro cittadino.

Convertitori rotanti nella Officina di via Agnello  (1898)

Gli impianti di via Santa Radegonda furono demoliti nel 1926, ed al loro posto sorse il cinema Odeon. Il frettoloso passante milanese che percorra questa via, potrà con un po’ di attenzione individuare la lapide commemorativa posta, nel centenario della costruzione, a ricordo della Centrale.



[1] Alcuni testi sostengono che si trattò della prima centrale elettrica ad entrare in servizio in Europa; ad onor del vero è più esatto dire che fu la prima dell’Europa Continentale, perché la primissima centrale europea fu quella del Holborn Viaduct, entrata in servizio a Londra circa un anno prima, nell’aprile del 1882. Si trattava di un impianto che utilizzava la stessa tecnologia Edison, e quindi molto simile a quelli di New York e Milano, anche se di potenza inferiore, e non dotato di una vera e propria rete di distribuzione, in quanto destinato ad illuminare il solo viadotto da cui prendeva il nome.

[2] Questo teatro era stato inaugurato nel 1819 e ristrutturato nel 1851. Esso era sorto su un’area occupata fino al 1781 da un convento di monache benedettine, che era stato demolito per aprire la nuova via S.Radegonda, voluta dal Piermarini per facilitare l’accesso, da Palazzo Reale, alla Scala. Nel teatro si svolgevano, fra l’altro, anche spettacoli di burattini.

[3] Nel progetto originale della Centrale le macchine dovevano essere tre, ma furono portate a quattro appena iniziato l’impianto. La centrale iniziò quindi a funzionare nel giugno 1883 con quattro dinamo, ma il loro numero fu portato a sei già nella seconda metà del 1883, quando la Società ebbe l’incarico di illuminare la Scala. Le dinamo ruotavano alla velocità di 350 giri al minuto, azionate da due diversi tipi di macchine a vapore, a loro volta alimentate da cinque caldaie a tubi inclinati tipo Babcock & Wilcox.Conduttori  interrati della prima rete elettrica di Santa Radegonda: rame isolato con miscela bituminosa, colata in tubo di ferro (1883)

[4] A differenza della rete realizzata dalla Edison a New York, che usava il sistema “a tre fili”, nel quale le dinamo venivano collegate a coppie mettendo in comune un filo centrale (si risparmiava così un filo), quella milanese utilizzava un sistema a due fili. I conduttori principali sotterranei, o feeders, erano costituiti da una coppia di sbarre semicircolari di rame, inserite in tubi di ferro, riempiti di una miscela di isolante. Questi tubi venivano congiunti fra di loro mediante scatole di giunzione, riempite anch’esse della stessa miscela isolante.

[5] Il teatro Manzoni non era quello che attualmente porta questo nome, ma si trovava in piazza S. Fedele, sul lato opposto a quello della chiesa.

[6] Nell'estate 1883 la giunta municipale di Milano (nella quale l'ing. Giuseppe Colombo era consigliere) accolse con procedura d'urgenza, per motivi di sicurezza, l'offerta del Comitato di illuminare elettricamente la Scala. All'inaugurazione della stagione lirica, il giorno di Santo Stefano dello stesso anno, tutto il teatro era illuminato con 2880 lampade.

[7] Per i grossi utenti la tariffazione avveniva a forfait, ed essi potevano mantenere la luce accesa giorno e notte. La Centrale alimentava comunque anche qualche appartamento privato ed in questo caso l’utente pagava a consumo; non c’erano ancora i contatori elettromagnetici ed il consumo veniva misurato tramite un sistema elettrolitico sulla base della perdita di peso di un elettrodo di zinco.

[8] Molto semplice, ma ingegnoso, era il sistema di regolazione delle macchine elettriche. La corrente di alimentazione degli elettromagneti delle dinamo era modulata a seconda dei bisogni tramite regolatori azionati a mano, coi quali si variava la resistenza del circuito di derivazione. Un apparecchio automatico avvertiva gli operatori, tramite un campanello e due lampade di diverso colore, se il voltaggio era superiore od inferiore a quello previsto, in modo che la potenza prodotta venisse adeguata al numero di lampade contemporaneamente accese.

Ultima modifica: venerdì 30 gennaio 2004

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