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Le “imprese” Visconti-Sforza

di Franca Guerreri

La storia di una famiglia regnante vista attraverso gli stemmi personali dei suoi membri

a cura di Adriano Bernareggi

 

Capitolo V

Filippo Maria Visconti (III Duca di Milano 1412-1447)

Impresa: “Piumai”

 

Filippo Maria era nato dalle seconde nozze di Giangaleazzo con Caterina, figlia di Bernabò. Successe al fratello Giovanni Maria, il principe ricordato dai cronisti dell’epoca come “imbecille e crudele” e pertanto assassinato sulla soglia della chiesa di san Gottardo. Malaticcio, goffo nella persona, superstizioso e malfido, si sbarazzò della prima moglie Beatrice di Tenda, la matura vedova del suo primo capitano Facino Cane, facendola decapitare con l’accusa di adulterio; lasciò languire la seconda, Maria di Savoja, dimenticandola in un’ala del castello. Preferiva i giovanetti, purchè di bell’aspetto, il che non gli impedì una relazione con Agnese del Majno, dalla quale nacque Bianca Maria, ultima dei Visconti. Tetro e ombroso il duca, splendente invece la sua impresa, i famosi “piumai”. Si tratta di una corona nobiliare tempestata di pietre preziose, attraversata da due rami intrecciati di palma e d’ulivo. L’ulivo è da sempre simbolo di pace, la palma indica umiltà e capacità di adattamento. I ramoscelli intrecciati nella corona ducale erano apparsi in uso già ai tempi di Giangaleazzo, quando il ducato di Milano aveva ormai “inghiottito” Liguria, Emilia, buona parte della Toscana, tutte terre assai diverse tra loro e che mal tolleravano il giogo visconteo. Giangaleazzo si proponeva come garante di pace e di prosperità, i frutti dell’ulivo erano una promessa, a patto che i sudditi, come i ramoscelli della palma, si fossero piegati al suo governo. L’impresa di Filippo ha avuto un’altra origine. E’ un pegno di amicizia, nato in dolorose circostanze, quelle che videro Alfonso I d’Aragona in guerra con Renato d’Angiò, pretendente il regno di Napoli. Catturato con i suoi fratelli a Ponza dall’ammiraglio genovese Biagio Assereto, Alfonso fu portato prigioniero a Milano. La sua magnanimità e la sua cultura affascinarono l’ombroso Visconti, il quale nutrì nei suoi confronti se non proprio sentimenti di amicizia, poco probabili in una natura ambigua e sospettosa come la sua, almeno un grande rispetto. Ne ordinò l’immediata scarcerazione, mutò rotta alla sua politica e lo aiutò nella conquista del Napoletano. L’avvenimento fu solennizzato col dono al duca milanese dell’impresa personale di Alfonso. Questa notizia ci viene fornita da Francesco Castello nel “Compendium vitae principum et ducum Mediolani”. L’emblema piacque moltissimo a Galeazzo Maria Sforza, che lo volle affrescato su una volta luminosa d’azzurro in una sala del castello sforzesco.

 

Tavola 18 - L’impresa dei Piumai, dono di Alfonso d’Aragona. A destra nel cortile della Rocchetta, a sinistra in S. Maria delle Grazie.

Tavola 19 - Filippo Maria Visconti. Sulla veste , il Capitergium contenente la Colombina col cartiglio e sormontato da corona nobiliare. Certosa di Pavia, porta della sacrestia.

Pur amando molto le imprese e pur bandendo concorsi a corte perché se ne inventassero, Filippo non ne creò di nuove. L’impresa è più adatta a segnare le tappe di una politica di conquista; nel suo caso era invece necessaria una propaganda atta a consolidare i criteri di successione del ducato. Il problema era grave: niente discendenza maschile, i re di Francia sempre pronti ad impugnare il testamento di Giangaleazzo, grazie al quale, mancando eredi maschi, il ducato sarebbe passato alla corona francese. A buon conto la figlia naturale Bianca Maria era stata, giovanissima, promessa in sposa al capitano delle truppe Francesco Sforza, senz’altro un’ottima garanzia di difesa per il ducato. Ma per ottenere il suo scopo, anziché alle imprese, Filippo ricorse all’effetto psicologico che potevano esercitare un ciclo pittorico e un raffinato gioco di corte come quello dei Tarocchi, di cui il duca assai si dilettava. Nel 1444 gli Zavattari affrescarono, su commissione del duca, la cappella del duomo di Monza dove si pensava fosse sepolta la regina longobarda Teodolinda. E’ il precedente storico cui Filippo Maria intende rifarsi: vedova di Autari, passata a seconde nozze con Agilulfo, Teodolinda conserva la dignità regia, il marito funge solo da braccio armato. Perché non può accadere lo stesso per Bianca Maria?

 

Tavola 20 - Bottega Zavattari: Teodolinda incoronata regina. Duomo di Monza, cappella di Teodolinda.

Il discorso propagandistico prosegue con le carte dei Tarocchi. Il gioco non si svolgeva con le regole che ci sono familiari nei giochi di carte, non ci sono l’azzardo o la divinazione. Accanto alle carte numeriche antenate delle attuali, il mazzo comprendeva figure alludenti a realtà universali (Papa, Imperatore, Mondo), a entità morali (amore, castità, fama, tempo, eternità) o a personaggi enigmatici come il Matto, l’Eremita, il Saggio… Sono dette trionfi in quanto lo scopo del gioco sta nel dimostrare, in base ad argomentazioni filosofico-morali tipiche della cultura “cortese”, che la propria carta “trionfa” su quelle dell’avversario. Importante nel gioco è individuare il “taro” (termine pseudo-orientale da cui si faceva derivare la parola “tarocco”), cioè la “Via Regia” attraverso la quale si arriva al compimento del proprio destino.

Tavola 21 - Il gioco dei Tarocchi. Affresco nel Palazzo Borromeo di Milano.

Per Bianca Maria il compimento del proprio destino è il governo del ducato. Come la Papessa, ha tutte le doti morali e politiche per governare il ducato. Non farà come il Matto, che grida e usa la forza bruta simboleggiata dalla clava; procederà invece come il Saggio, che tasta prudentemente il terreno e padroneggia il tempo (la clessidra).

 

Tavola 22 - La Papessa Il Saggio Il Matto. (Bottega di Bonifacio Bembo: Tarocchi Visconti)

Certo non ignora l’alternarsi della Fortuna, ma, come la Dama di Coppe, è garante di ricchezza.

 

Tavola 23 - La Fortuna La Dama di Coppe. (Bottega di Bonifacio Bembo: Tarocchi Visconti)

Bianca Maria è unita a Francesco Sforza da un legame amoroso che sempre si rinnova (le due lance dell’Amore bendato negli Amanti) ed esercita la giustizia coll’aiuto del consorte, suo braccio armato (la Giustizia). Ha dunque scoperto la Via Regia, il compimento del suo destino. Ed eccola sul cocchio della Fama: fama essa stessa, percorrerà i confini del ducato raggiungendo il traguardo della sua vita terrena

 

Tavola 24 - Gli Amanti La Giustizia Il Carro. (Bottega di Bonifacio Bembo: Tarocchi Visconti)

 

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Ultima modifica: martedì 1 febbraio 2011

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