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 Gli Arazzi dei Mesi Trivulzio

di Maria Grazia Tolfo

  Sommario
Composizione degli Arazzi
Testi base di astronomia
Arcadia e nuova Età dell'Oro
Il culto solare
Una prospettiva teatrale

Se tu vuoi vedere Dio, considera il Sole,
considera il corso della Luna,
considera l’ordine delle stelle.
Chi è che conserva l’ordine?
Il Sole, sommo dio fra gli dei del cielo,
al quale tutti gli dei celesti cedono il passo
come a re e signore.  

                                   Giorgio Gemisto Pletone

Composizione degli Arazzi

La serie dei 12 Arazzi dei Mesi venne commissionata probabilmente a Bartolomeo Suardi detto il Bramantino dal Maresciallo Gian Giacomo Trivulzio intorno al 1503, in un periodo di pace – seppur effimera ed apparente - nel Ducato di Milano, caduto sotto il controllo francese.

Come in un antico calendario romano, il ciclo degli arazzi comincia a Marzo, col 1° grado dell’Ariete, e illustra le attività agricole del periodo.

La composizione dei singoli arazzi è fissa: entro una cornice in cui si ripetono gli stemmi dei Trivulzio e delle famiglie imparentate dei Colleoni, dei Gonzaga e dei d’Avalos, la figura del mese occupa la parte centrale – sovrastata ancora dallo stemma del Trivulzio – e indica sempre il sole. Il culto del sole è centrale nel programma e comune a gran parte della cultura umanistica.

Quale richiamo evidente all’antichità classica, il Trivulzio esibisce nei suoi arazzi il sogno arcadico di una nuova Età dell’oro, ottenuta grazie al governo pacifico e illuminato suo e del re Luigi XII. Un sogno illusorio, ma che ha lasciato come sua eredità questi Arazzi, oggi conservati al Museo del Castello Sforzesco di Milano.

Testi base di astronomia

Gli Arazzi dei Mesi sono debitori, per quanto riguarda l’iconografia dei segni zodiacali, al Poeticon astronomicon di Igino, nella versione stampata a Venezia dal Ratdolt il 14 ottobre 1482. Solo in questa si trovano infatti alcune particolarità che scompariranno nelle successive edizioni:

- i Gemelli sono due putti alati che tengono la lira e il falcetto

- la Vergine è alata e tiene in mano le spighe (la stella Spica appartiene alla costellazione della Vergine) e il caduceo, come insegna di Mercurio, pianeta governatore del segno.

- lo Scorpione ha nelle chele la Bilancia, perché solo nel I secolo a.C. i Romani staccarono la Bilancia dallo Scorpione (nelle edizioni di Igino dal 1499 in poi Scorpione e Bilancia si divideranno). La Bilancia è infatti una costellazione poco appariscente, le cui stelle più brillanti continuano a chiamarsi Chela meridionale e settentrionale. Igino invece si rifaceva all’opera di Eratostene di Cirene (275 – 194 a.C.) I Catasterismi.

Altro testo utilizzato è il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo, ripreso nel trattato astrologico di Michele Scoto per l’iconografica del sole in circolo. Il pronostico solare serviva a prevenire i danni all’agricoltura a causa del maltempo.

La particolarità che rende ulteriormente interessanti gli Arazzi dei Mesi è il recupero del calendario cosmico romano secondo i Fasti di Ovidio e i Saturnali di Macrobio.

Chi elaborò il programma astronomico fu quasi sicuramente l’astrologo di fiducia di Gian Giacomo Trivulzio, Gabriello da Pirovano, ma è probabile che il Trivulzio avesse tratto ispirazione per la sua committenza dalle dotte discussioni dell’Accademia Pontaniana, alle quale aveva assistito durante il suo soggiorno a Napoli. Giovanni Pontano, capo indiscusso dell’Accademia, aveva composto un poema, l’Urania, che riflette gli interessi astrologici sul recupero delle favole mitiche e, nel primo libro, disquisisce sui pronostici solari.

 

Arcadia e nuova Età dell’Oro

Giovanni Pontano, pur assorbito dalle questioni di stato, non cessò mai di occuparsi di orticultura e giardinaggio, secondo un modello classico romano che amava imitare. Scrisse anche un libro, De hortis Hesperidum, sulla coltivazione dei cedri che seguiva personalmente nella sua tenuta di Antignano. Anche Gian Giacomo Trivulzio tenne a sottolineare il suo rapporto con la campagna e rastrellò tenute agricole e cascine dove sperimentare coltivazioni. Nella sua biblioteca non mancavano testi classici di agricoltura di Rutilio Palladio, Columella, Varrone e Catone il Censore.

Arazzo di AgostoMa negli Arazzi dei Mesi l’Arcadia è un sogno tutto cittadino, è piuttosto l’allegoria degli effetti del Buon Governo della città sulla campagna. Mentre nei calendari dei Mesi inclusi nei Libri d’Ore i lavori agricoli all’aperto si ripetono con formule quasi standard, negli Arazzi dei Mesi prevale la costruzione, l’aia della cascina fortificata sul campo aperto o la cantina vinicola sulla vendemmia. Nel mese di luglio i contadini battono le spighe nell’aia di una cascina turrita; in agosto i padroni di casa si assopiscono a un banchetto a base di meloni e vino, mentre sulla destra si preparano le botti per il vino nuovo, il tutto nel portico di un edificio aperto su una piazza rinascimentale. 

L'arazzo di Settembre con a destra il TrivulzioLa vendemmia di settembre è sostituita dalla torchiatura del vino in un cantinone, dove i contadini scaricano l’uva su degli scivoli. Alla delicata operazione presiedono Gian Giacomo Trivulzio e sua moglie Beatrice d’Avalos. A ottobre il fattore del Trivulzio raccoglie i tributi dei fittavoli sempre al chiuso e a novembre un capomastro dirige una serie di lavori imperniati sulla lavorazione del lino; anche a dicembre il grosso pentolone per l’uccisione del maiale si trova in un edificio che prospetta su una piazza con case torri. Quella del Trivulzio e del suo disegnatore Bramantino era una civiltà della costruzione, anche quando trattava di lavori agricoli.

Il Buon Governo francese doveva riproporre nelle aspettative del Trivulzio una nuova Età dell’Oro, dove la pace imposta assicurava alle campagne un’agricoltura ricca e prosperità per tutti. Chi voleva adularlo, come Piattino Piatti, non poteva che esaltare il modo in cui conduceva le sue tenute, come quella di Garlasco.

arazzodicembre.jpg (183927 byte)Sono molti i riferimenti all’Età dell’oro negli Arazzi. Nel mese di Dicembre Saturno, qualificato dal falcetto, ha i piedi legati e si prepara alla festa dei Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre). In questa settimana si liberava Saturno che poteva ricostituire, seppur per breve tempo, l’Età dell’oro: per la festa ci si scambiavano doni e nei banchetti gli ospiti d’onore erano gli schiavi, che per un giorno facevano i padroni. Durante i Saturnalia i romani indossavano il pilleus, il berretto simbolo dell’emancipazione degli schiavi. Il mito ci presenta Saturno accolto nel Lazio da Giano, in seguito alla detronizzazione a opera di Giove. Dopo un lungo regno amministrato insieme a Giano, Saturno scomparve e con lui l’Età del “beato disordine”, dove l’ordine non era necessario perché benessere, abbondanza, pace e felicità erano assicurati dalla presenza stessa degli dei fra gli uomini. Per il suo potenziale sovversivo, quindi, Saturno veniva tenuto schiavo tutto l’anno (legato alle caviglie coi compedes, lacci di lana) e lo si liberava solo per “rivoluzionare” l’anno.

Il mese di FebbraioNel mese di Febbraio l’immersione lustrale deve operare una cancellazione degli impuri prodotti delle azioni dell’anno cosmico che si sta concludendo. In simili periodi di sospensione del tempo (nel calendario rotuleo i mesi erano dieci e gennaio e febbraio non esistevano) si liberano forze terribili che bisogna esorcizzare. Una degli iniziati ha una corda intorno al collo. Tacito afferma che la legatura serviva a riconoscere il potere della divinità. Legarsi a un dio e riconoscergli potere assoluto è “religione”, dal verbo religare.

 

Il culto solare

Arazzo di MaggioOgni personaggio al centro dell’arazzo indica il Sole. Nel mese di Maggio il Sole, nella veste di Apollo, è il Cosmocrator. Maggio deriva da majus e quindi da maiestas, la supremazia intesa come principio che dà ordine all’universo.

Keplero sosteneva l’esistenza dell’anima del Sole; Galileo seguiva culti solari e l’orazione al Sole di Giuliano l’Apostata divenne un testo particolarmente caro ai circoli culturali fiorentini.

Il Soli Deo di Bramantino

 

 

Apollo re,
tu che regoli e governi tutte le cose nella loro identità,
tu che unifichi tutti gli esseri,
tu che armonizzi questo vasto universo così vario e molteplice,
o Sole, Signore del nostro cielo,
sii a noi propizio.
 (Preghiera al sole di Giorgio Gemisto Pletone)


Una prospettiva teatrale

Giano al centro dell'arazzo di Gennaio (Milano, Castello Sforzesco)Nell’arazzo di Gennaio la composizione architettonica alle spalle del dio Giano è da collegarsi alla rinascita del teatro classico e della scenografia di tipo vitruviano.

Il teatro umanistico ispirò i suoi allestimenti ai principi vitruviani: la scena tragica doveva esibire colonne, frontoni, statue; la scena comica si ambientava in piazze chiuso da edifici privati con logge e finestre; la scena satirica si giocava in campagna, con alberi e monti a qualificarla. Ovviamente la scena di Gennaio, con la festa di carnevale, rientra fra i soggetti comici. La presenza di albero e monti sullo sfondo dell’enigmatica scena sul lato destro dell’arazzo di Febbraio dovrebbe qualificarla come “satirica”. Il riferimento classico è alla festa dei Lupercali (Ovidio, Fasti, II, 290), “pastori arcadi” che correvano nudi.

 

Per la realizzazione tecnica degli Arazzi vedi Benedetto da Milano

Bibliografia

Fonti:

Calendario del 354 d.C.

Arato, Phenomena, stampato a Venezia da Manunzio nel 1499 (ex ms Vat lat 3110)

De Crescenzi Pietro, Opus ruralium Commodorum, nella Biblioteca Trivulziana

Igino, Poeticon astronomicon, 4 libri editi da Erhardus Ratdolt a Venezia nel 1482

Libro d'Ore Borromeo, decorato da Cristoforo de' Predis nel 1471-74, ms S.P.42 Ambrosiana (scene dei mesi di Maggio, Luglio, Febbraio)

Macrobio, Saturnalia, stampato a Venezia nel 1472 (una copia era nella Biblioteca Trivulziana)

Manilio, Astronomica, commentato da Lorenzo Bonincontri nel 1484

Marullo Tarcaniota, Inni naturali, 1497

Michele Scoto, Trattato astrologico, ms L92sup Bibl. Ambrosiana, XV sec.

Ovidio, Fasti

Pontano G., Urania, Venezia 1501

Raccolta di Catone, De Agricoltura, Columella, De rustica, Palladio, De rustica, Varrone, Ephemeris, stampato in un volume a Venezia nel 1472, Biblioteca Trivulziana

Claudio Tolomeo, Tetrabiblos 

Sulle credenze astrologiche del Trivulzio:

Motta E., Libri di casa Trivulzio nel secolo XV, con notizie di altre librerie milanesi del Trecento e del Quattrocento, Como 1890 (Milano, Biblioteca d'Arte, Op C 612)

Nicodemi G., La biblioteca, gli arazzi  e le opere d'arte passate dalla Trivulziana al Castello Sforzesco, in "Emporium", luglio 1935, pp. 11-25

Studi critici sugli arazzi:

Dell'Acqua G.A.-Mulazzani G., Bramantino e Bramante pittore, Milano 1978

Forti Grazzini N., Gli Arazzi dei Mesi Trivulzio. Il committente, l'iconografia, Milano 1982

Vicenzi C., Gli Arazzi di casa Trivulzio, in Dedalo", fasc. I, 1929-30, pp. 45-66

 

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Ultima modifica: mercoledì 31 luglio 2002

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